
Jane Auste, in Orgoglio e Pregiudizio fa dire ad uno dei suoi personaggi che "Coloro che non cambiano mai opinione hanno in maniera particolare l’obbligo di essere sicuri di giudicare in modo corretto fin dal principio". Ora, poichè circolano molti miti sul marketing nei mercati B2B e complessi, come la presunta inutilità o inapplicabilità di tali strategie, questo articolo si propone, utilizzando esempi concreti e dati statistici, di smontare alcuni pregiudizi fondati su opinioni errate ma anche sul giusto orgoglio di chi ha fatto affari con profitto, fino ad oggi, senza impiegare certi strumenti. Esplorando le sfide culturali e percettive che ostacolano l’adozione di approcci marketing efficaci, dimostreremo come il content marketing possa contribuire significativamente al posizionamento dell'azienda, all'anticipazione dei trend di mercato e al supporto delle vendite, in un contesto digitale che ha ormai cambiato definitivamente il contesto competitivo anche in mercati fino a poco tempo fa non coinvolti.
Andate su un motore di ricerca e scrivete: a chi serve il marketing? I risultati sembrerebbero lasciare pochi dubbi: aziende, professionisti, organizzazioni non-profit e istituzioni. Per ciascuno di questi soggetti, sembrerebbe esserci una consolidata offerta di servizi marketing che soddisfa una consapevole e ricca domanda. Sembrerebbe logico, visto che il marketing è fondamentale per chiunque desideri promuovere, vendere e far crescere un prodotto, servizio o idea.
Eppure, se invece di chiedere ad un motore di ricerca ponete la stessa domanda ad alcune categorie di imprenditori e professionisti, non otterrete la stessa risposta.
CHI HA BISOGNO DEL MARKETING?
Quali sono i mercati a cui il marketing non serve? Scopriamolo subito.
Allerta spoiler: nessuno.
Partiamo con qualche premessa. Senza entrare nel dettaglio delle distinzioni tra chi vende prodotti e chi offre servizi, i mercati si suddividono in categorie basate sulla natura del prodotto, sul tipo di clientela, sul grado di concorrenza e sulla regolamentazione. Una delle distinzioni principali è tra mercati B2B e B2C, seguita dalla suddivisione tra mercati regolamentati e non regolamentati, competitivi e monopolistici. Inoltre, i mercati si classificano anche per estensione geografica e dimensione.
“In un mercato monopolistico che senso ha fare pubblicità?” direte voi.
“Bon! xi-bom! bom-bom-bom! Ti piace vincere facile?” dico io.
Ve lo ricordate, vero? È il jingle tratto dal brano del gruppo brasiliano As Meninas, scelto nel 2008 per promuovere il Gratta e Vinci. Ora, se chi gestiva il Gratta e Vinci era l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, direi che si, ha senso fare marketing anche in un mercato monopolistico. Migliora la percezione pubblica, garantisce la fedeltà dei clienti, prepara l’azienda a possibili cambiamenti di mercato e mitiga il rischio di interventi regolamentari.
Ha senso avere delle strategie di marketing per mercati regolamentati? Che ve lo dico a fare? Quante proposte per una nuova fornitura di energia elettrica avete ricevuto nell’ultima settimana? Quelli sono i tipici mercati regolati.
Qualche Organizzazione No Profit vi ha invitato a sostenere il suo progetto? È marketing.
E le istituzioni? Beh, per un buon esempio di marketing istituzionale vale la pena tornare a settembre 1938, quando Neville Chamberlain, a Monaco, aveva sacrificato, in nome dell’appeasement, i territori cecoslovacchi dei Sudeti alla “fame” di Hitler. Dopo sei mesi, il governo britannico si era rassegnato al fatto che il Führer non si sarebbe saziato. Così, nell’aprile 1939, oltre che preparare l’esercito, diede mandato a Ernest Wallcousins di sviluppare una campagna mirata a sostenere il morale dei sudditi (si attendevano che, soprattutto nella prima settimana di guerra demoralizzazione e panico avrebbero dilagato nel Regno). Ne uscirono una serie di manifesti che però non furono mai usati. Evidentemente la tempra dei britannici li resero superflui… fino a che, uno di quei poster fu riscoperto nel 2000 diventando virale nella sua semplicità; uno slogan bianco su campo rosso, sormontato da una corona, che recita: Keep Calm and Carry On.
Per quanto riguarda i prodotti di largo consumo, non credo serva fare nessun esempio; si sa, la pubblicità è l’anima del commercio.
LE SFIDE DEL MARKETING NEI MERCATI B2B COMPLESSI
Solo nei mercati B2B il marketing sembra essere impiegato “a macchia di leopardo”. Ma perché?
I motivi sono diversi e solo in parte dovuti a difficoltà oggettive poste all'efficacia del marketing nei mercati B2B e in quelli complessi. Molti pregiudizi derivano principalmente da una combinazione di fattori culturali e percezioni errate.
Si immagina che laddove i cicli di vendita sono lunghi, le decisioni d'acquisto sono dipendenti da processi decisionali multi-stakeholder e sono guidate da logiche razionali, questi strumenti non lascino traccia, come sassi lanciati nello stagno. A differenza di una chiusura di contratto ottenuta tramite il lavoro commerciale, i risultati delle azioni di marketing non paiono immediatamente misurabili. Questa convinzione si basa su premesse errate.
Proverò a sfatare questi miti. Alla fine mi direte se vi ho convinto.
STEREOTIPI E PREGIUDIZI SUL MARKETING NEI MERCATI B2B
Marketing? No grazie. A noi non serve fare pubblicità
Falso: anche se sono strettamente correlati e spesso usati insieme in una strategia complessiva, si tratta di due attività diverse, con differenti obiettivi. Il Marketing include una vasta gamma di azioni, dall’analisi di mercato, allo sviluppo prodotto, dalla strategie e dalle azioni per il posizionamento fino a quelle di distribuzione e promozione. Tra queste ultime c’è, appunto, la pubblicità, ovvero una comunicazione persuasiva, su uno o più canali, volta a promuovere un prodotto, servizio o brand.
Ok, saranno pure due cose diverse ma a noi non serve l’analisi di mercato
Falso: Abbiamo mai davvero ascoltato i nostri clienti o ci limitiamo a interpretare i loro bisogni attraverso ciò che comprano o rifiutano? Abbiamo adattato la loro realtà ai nostri desideri? No? Allora perché tre quarti della nostra brochure è dedicata a raccontare quanto siamo bravi e quasi nulla si scrive dal punto di vista del cliente?
Le relazioni consolidate possono creare un ambiente auto-referenziale che impedisce di cogliere nuove opportunità. Ricerche dimostrano che molte aziende tendono a seguire un processo decisionale strategico intuitivo e informale che le limita nella visione strategica. Pur con gradualità e rispetto per il valore dell’intuizione possono essere introdotti strumenti sempre più economici ed efficaci che permettono di individuare segnali deboli e anticipare i trend emergenti.
Può essere ma nel nostro settore non serve lo sviluppo prodotto
Falso: Prendiamo il caso dei mercati regolati; alcuni mercati complessi sono anche mercati dominati da nome cogenti o da standard affermati. In questi casi le caratteristiche del prodotto o servizio sono date dall’esterno. Ciò non esclude che ci siano diversi produttori. La competizione si svolge sul piano del prezzo, della qualità, della distribuzione, dei servizi a corredo, etc.
Lo sviluppo prodotto è un processo continuo che non riguarda solo la creazione di nuovi prodotti, ma anche l’ottimizzazione di quelli esistenti per migliorare la competitività e rispondere meglio alle esigenze del mercato. Anche in mercati regolati, lo sviluppo prodotto può concentrarsi su elementi come il design, la sostenibilità, l'efficienza, la personalizzazione dei servizi o la user experience. Ad esempio, offrire soluzioni più facilmente integrabili con altri sistemi, ridurre i tempi di installazione, o garantire un supporto post-vendita più efficace può fare la differenza rispetto alla concorrenza. Il marketing B2B mette il cliente al centro, identificando nuove opportunità per rafforzare la posizione sul mercato e prevenire rischi legati all’immobilismo.
Va bene ma nel settore ci conosciamo tutti, non c’è bisogno di posizionamento
Falso: Anche nei mercati in cui “tutti si conoscono”, la concorrenza rimane una dimensione con cui confrontarsi. E se ci sono i competitor allora c’è bisogno del posizionamento, ovvero della tecnica che serve a definire chiaramente cosa differenzia la propria azienda e perché un cliente dovrebbe sceglierla rispetto ad altre. Si tratta di scelte concrete come il tone of voice, la struttura del portafoglio prodotti e le strategie di pricing, che devono tutte rafforzare la percezione desiderata del brand.
La sfida, specie in aziende consolidate in cui le posizioni ed i ruoli sono stabilizzati da lungo tempo, è quella di allineare tutti i punti di contatto con il cliente al posizionamento desiderato. Tra i punti di contatto c’è anche quel vostro collega – bravissimo ma scorbutico – che pur risolvendo i problemi tecnici non riesce mai empatico con i clienti…non come quel giovane tecnico della concorrenza, meno esperto ma sempre disponibile “che-quasi-quasi-la-prossima-volta-chiedo-a-lui”.
Almeno ci risparmiamo la promozione...bastano venditori capaci e competenti.
Falso: ve ne sarete accorti. Le vendite (magari non le vostre ma quelle di alcuni vostri concorrenti) non dipendono più dalla presenza di un venditore di fronte a un cliente. Il processo decisionale dei buyer, accelerato dalla digitalizzazione e dalla pandemia, avviene per oltre il 75% online, attraverso ricerche, white paper e recensioni (Gartner). Il 70% dei buyer ha già definito i propri requisiti prima del primo contatto col fornitore (6sense) e l’84% tende a scegliere il primo fornitore con cui entra in contatto. Inoltre, più della metà degli acquirenti cerca esperienze omnicanale seamless e cambia fornitore se insoddisfatta (McKinsey). I responsabili delle vendite devono ora orchestrare il percorso d’acquisto, guidando i buyer verso i giusti punti di contatto.
Credimi, certe cose non sono digitalizzabili
Falso: o meglio, non sempre vero. Con l'introduzione di tecnologie digitali come le riunioni virtuali, la realtà aumentata (AR), la realtà virtuale (VR), l’assistenza remota, fino ad applicazioni BIM e digital twin, l’interazione diventa spesso digitale, in tutte le fasi del funnel di marketing, di vendita e post-vendita. Se c’è un’interazione col cliente allora c’è un’opportunità di marketing (quelli bravi li chiamano touchpoint). L'utilizzo di contenuti informativi e interattivi, ad esempio attraverso video dimostrativi o esperienze AR/VR, permette di rispondere immediatamente alle esigenze dei clienti, aumentando l'engagement e misurandone il sentiment in maniera molto più oggettiva rispetto al “polso” del cliente che può avere il venditore.
La personalizzazione del contenuto in base alle interazioni precedenti e alle preferenze del cliente permette di guidarlo nel suo percorso decisionale. Configuratori di prodotto, demo virtuali, sistemi di monitoraggio e supervisione remoti o addirittura digital twin possono essere utilizzati per creare esperienze immersive, mostrando soluzioni pratiche applicate ai contesti del cliente, mentre le riunioni virtuali consentono di approfondire in tempo reale i temi trattati nei contenuti.
L'adozione di contenuti digitali permette alle aziende di ridurre il numero di sopralluoghi fisici, facendo leva sulla flessibilità e sulla scalabilità delle soluzioni online, ottimizzando così tempo e risorse ed educando il cliente a fornire alcune informazioni in autonomia.
In questo scenario, l'integrazione tra contenuti digitali e interazioni virtuali contribuisce a rendere il processo di vendita più agile, scalabile e cost-effective, adattandosi alle nuove dinamiche di mercato e alle aspettative dei buyer. Se ci sono settori in cui non tutti questi strumenti possono trovare spazio, difficilmente ce ne sono in cui nessuna di queste soluzioni possa essere applicata.
Ma vuoi mettere il rapporto umano? dal cliente ci devi mandare un venditore
Falso: Anche prima della digitalizzazione, la qualità tecnica del prodotto o servizio da sola non bastava per attrarre clienti. Le aziende B2B si affidavano a referenze, fiere, incontri faccia a faccia e interazioni dirette con i buyer per informare, educare e influenzare i clienti. Queste relazioni si costruivano anche, ma non solo, attraverso relazioni personali, passaparola e presenza fisica. I buyer, avendo meno accesso alle informazioni, potevano confrontare solo un numero limitato di fornitori.
Con l'avvento della digitalizzazione, le dinamiche sono cambiate. I buyer B2B ora cercano soluzioni in autonomia. La reputazione aziendale online è strategica. Grazie a contenuti, recensioni e opinioni, i buyer riducono la dipendenza da interazioni faccia a faccia. In mercati con cicli di vendita lunghi e decisioni d'acquisto che coinvolgono più stakeholder, il marketing diventa ancora più cruciale. Strumenti come l'automazione del marketing, il lead nurturing e il predictive lead scoring stanno parzialmente disintermediando il venditore. In questi contesti, la personalizzazione e la co-progettazione con il cliente sono diventate sempre più centrali.
Va bene tutto ma da noi certi metodi non funzionano. le decisioni sono razionali
Falso: Un errore comune è pensare che i decision maker aziendali nei settori B2B complessi siano puramente razionali. In realtà, come in quasi tutti i settori, anche nelle transazioni B2B, le decisioni sono prese da esseri umani (quasi perchè in alcuni ambiti – pensate alle transazioni finanziarie – sono spesso dei bot a decidere le transazioni), e quindi soggette a bias cognitivi. Questi bias possono emergere sia da percezioni ed emozioni personali, influenzando le decisioni autonome, sia da dinamiche sociali nei gruppi di decisione, (alcuni sono specifici delle decisioni collettive, emergendo proprio dalla complessità delle dinamiche di gruppo) spesso favorendo conformità o eccessiva dipendenza da leader o maggioranze.
A questo quadro aggiungiamo che le ricerche di neuromarketing dimostrano che i buyer B2B sono fortemente influenzati dai contenuti online come case study, recensioni e articoli autorevoli, che giocano un ruolo cruciale nel processo decisionale, anche prima dell'incontro diretto con un venditore. Attivare i giusti trigger psicologici attraverso i contenuti e contrastare i bias avversi è fondamentale per il successo commerciale. Le neuroscienze confermano che i buyer apprezzano informazioni chiare e accessibili, che i canali digitali sono in grado di fornire in modo più efficiente rispetto ai metodi tradizionali. Il marketing quindi non solo replica, ma amplifica la costruzione della relazione, raggiungendo i buyer attraverso touchpoint digitali strategici.
Magari hai ragione però, non ce lo possiamo permettere.
Falso: Un’azienda non può permettersi di non competere, ma deve valutare attentamente quanto investire in marketing. Una regola empirica suggerisce che le aziende B2B destinino tra il 2% e il 5% del fatturato al marketing, contenendo il rischio a dimensioni tollerabili per un’azienda sana. Per realtà meno mature, un investimento iniziale attorno all’1%, con una prospettiva di crescita, può essere prudente (spendere di più non accelera necessariamente i tempi di risposta del mercato).
Ecco, qui ti volevo. Il marketing ha costi certi ma poi i risultati sono impalpabili
Falso: Il marketing, soprattutto digitale, è altamente misurabile e offre analisi dettagliate a costi contenuti, purché si stabiliscano obiettivi chiari, strumenti di tracciamento adeguati e modelli di attribuzione che riflettano il percorso decisionale del cliente. Nel B2B e nei mercati complessi, le metriche utilizzate possono essere simili al B2C, ma i benchmark e i tempi di risposta sono radicalmente differenti.
Un modello di attribuzione multi-touch è essenziale per valutare l’impatto combinato delle diverse interazioni lungo il ciclo di vendita, ad esempio partecipazione a fiere, campagne digitali e contatti diretti. Tuttavia, nei mercati B2B, molte azioni di marketing richiedono lunghe serie storiche di dati per misurare efficacemente la brand awareness e la fiducia. È necessario combinare misurazioni quantitative, come il ROI, con valutazioni qualitative, come il sentiment dei clienti o il valore percepito durante gli eventi. Strumenti avanzati, come l’AI per l’analisi del sentiment o la valutazione del valore dei lead, permettono di affrontare anche aspetti più difficili da quantificare.
Mi arrendo…hai ragione…Comunque abbiamo già provato e non ha funzionato
Potrebbe non essere vero: Se il marketing non ha funzionato, il problema potrebbe risiedere nel metodo adottato. Nel B2B, spesso mancano competenze interne specializzate, portando a un uso limitato degli strumenti e a difficoltà nel fornire input adeguati ai consulenti esterni. Peraltro c’è una scarsa offerta di competenze realmente specializzate nel marketing B2B (spesso sono approcci B2C camuffati e adattati).
La digitalizzazione del marketing B2B è recente, e molte opportunità devono ancora esprimere il loro pieno potenziale. La carenza di esperienze, studi, modelli specifici e benchmark affidabili rappresenta un ostacolo, complicato dalla diversità dei contesti operativi delle aziende. Si pensi ad esempio al concetto di buyer persona e della sua relativa inadeguatezza per contesti complessi o al caso di competitor collocati in paesi diversi che pur nello stesso mercato affrontano realtà sociali e infrastrutturali difficilmente comparabili.
Infine, il know-how aziendale è centrale per il vantaggio competitivo. Mentre dare forma e distribuire i contenuti possono essere funzioni delegabili, la sostanza richiede un coinvolgimento diretto dell’azienda e una crescita culturale sia delle imprese che degli specialisti del settore.
UNA CONCLUSIONE CONTROINTUITIVA
Vorrei concludere questa carrellata tra i pregiudizi negativi relativi al marketing per i mercati complessi e B2B con una considerazione che potrebbe lasciate il lettore interdetto.
Tutto quello che abbiamo sostenuto è falso. Ogni pregiudizio citato è fondato.
Vi chiederete se sono impazzito o se avete le allucinazioni. Nulla di tutto ciò. Ciascuno dei pregiudizi citati ha un fondo di verità e senza un lavoro attento e calato nel contesto specifico di ogni singolo cliente, quel fondo può emergere e trasformare un pregiudizio errato in una realtà conclamata. I mercati complessi sono, per l’appunto, complessi. Come abbiamo cercato di argomentare il marketing può essere applicato con successo ma ciò richiede cura, disponibilità alla sperimentazione (e quindi all’errore) e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti.
Per tornare a Jane Ausen: "Un progetto che promette soltanto delizie non è possibile che riesca; non si evita il disinganno totale se non pagandolo con qualche contrarietà particolare". Diffidate da approcci abborracciati così come da chi ha il metodo infallibile e incrollabili certezze. Il marketing in questi settori è un territorio ancora in parte inesplorato che va scoperto con competenza ma anche con prudenza e disponibilità a farsi stupire.
FAQ
Perché il marketing è importante anche nei mercati b2b complessi?
Perché il marketing è importante nei mercati regolamentati o monopolistici?
Cosa si intende per marketing istituzionale?
Perché il marketing è importante per le organizzazioni no-profit?
Perché il marketing è meno diffuso nei mercati B2B?
Il marketing digitale è utile nei mercati B2B complessi?
Serve fare pubblicità nei settori B2B?
A cosa serve fare l'analisi di mercato nei settori B2B? Non basta l'esperienza?
In un mercato consolidato c’è bisogno di fare sviluppo prodotto?
A cosa serve il posizionamento marketing in un mercato B2B con pochi competitor?
A cosa serve il marketing B2B se già si dispone di venditori competenti.
È possibile digitalizzare il processo di vendita nel B2B?
Quali canali social possono supportare la vendita nel B2B?
È importante avere un sito web e un blog nel marketing B2B?
Gli strumenti di marketing automation sono utili per il marketing B2B?
Un configuratore di prodotto o le demo virtuali sono utili nel marketing B2B?
Come usare l’intelligenza artificiale nel marketing B2B?
Sono più efficaci le interazioni fisiche o quelle digitali nel marketing B2B?
Qual è la differenza tra marketing e pubblicità?
Come raggiungere i decision maker nei mercati B2B?
Come farsi notare dai clienti B2B che cercano una soluzione?
Come orientare i clienti B2B nella fase di valutazione per scegliere la soluzione giusta?
Come mantenere il contatto col cliente dopo la vendita nei mercati B2B?
È importante una strategia omnicanale per il marketing B2B?
Cosa influenza le decisioni nei mercati B2B?
Quanto spendere per il marketing nei settori B2B?
E possibile misurare le performance marketing nei mercati B2B complessi?
Perché il marketing non funziona in molte aziende B2B?
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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